In una società profondamente mutata, spesso la scuola è rimasta ferma a strumenti didattici obsoleti come la sola lezione frontale e il libro di testo e all’interrogazione quale forma di accertamento degli apprendimenti individuali. Gli stessi insegnanti vivono una crisi profonda del proprio ruolo dovuta al non sentirsi più capaci di coinvolgere le nuove generazioni e appassionarle alle proposte educative. In generale si avverte la necessità di quadri teorici e strumenti didattici che riescano meglio a spiegare, coinvolgere e aiutare gli studenti. Per fortuna da qualche anno si sta facendo avanti nella scuola italiana un nuovo modo di insegnare e di favorire l’apprendimento, che nasce da un modello didattico di tipo cooperativo che si fonda sui concetti di riflessione e condivisione. In una scuola più rispondente alle attuali necessità, il concetto di inclusione, ovvero sentirsi parte di un gruppo che ci riconosce, ci rispetta, ci stima e ci vuole bene, chiama in causa quello di «speciale normalità», che comprende sia il bisogno di essere come gli altri, sia la specialità intesa come accoglimento dei bisogni speciali di ciascun ragazzo, I bisogni educativi speciali provengono da diverse situazioni, come disabilità intellettive, motorie o sensoriali, disturbi dell’apprendimento, disturbi emozionali e comportamentali ma anche differenze sociali e culturali, malattie fisiche e altre condizioni di difficoltà più o meno transitorie. Le linee di intervento possono essere quattro:
La prima è la professionalità degli insegnanti: gli insegnanti sono gli artefici del cambiamento verso una didattica maggiormente inclusiva. Occorre migliorare sia la formazione iniziale, sia quella in servizio, superando la figura dell’attuale insegnante specializzato di sostegno per arrivare a una professionalità «speciale» diffusa.
La seconda linea di intervento è il clima in classe: la classe inclusiva va vista come una microsocietà che si organizza in modo democratico per vivere meglio, dove la realizzazione interpersonale è fondata su valori condivisi sia dai ragazzi che dagli insegnanti, come quello del rispetto di ogni persona, che porta a comportamenti non discriminatori.
La terza riguarda le modalità di apprendimento: la costruzione attiva della conoscenza prima avviene esternamente insieme agli altri e poi è interiorizzata. Una delle ragioni fondamentali del successo o dell’insuccesso dei ragazzi sta nella capacità o incapacità dell’insegnante di riconoscere il ruolo essenziale e attivo dell’alunno nel processo di apprendimento. Gli alunni vanno sollecitati a riflettere sui processi attuati e sugli obiettivi da perseguire.
Infine l’ultimo punto riguarda gli strumenti: in una scuola di tutti e di ciascuno anche i contenuti vanno adattati per rispondere meglio alle esigenze speciali e normali dei ragazzi. Non più un libro di testo unico uguale per tutti, ma più testi che, pur trattando lo stesso argomento, lo facciano in maniera e a livelli diversi, in modo che ciascuno possa scegliere il libro a lui più confacente.