Il conflitto in Siria, scoppiato nel 2011, ha portato al bombardamento di oltre 300 strutture scolastiche e di queste, una scuola su tre non è più agibile. Nonostante questo, quasi 5 milioni di bambini continuano ad avere accesso all’istruzione, e frequentano scuole pubbliche. Quando non è possibile in Siria, lo fanno nei paesi vicini, in Libano e in Giordania, insieme ai bambini del posto. La situazione rimane drammatica invece per i 3 milioni circa di ragazzi che non possono frequentare: molti di loro non hanno mai nemmeno iniziato un percorso formativo, mentre altri hanno perso fino a sette anni di istruzione. Per questi ragazzi il rischio di sfruttamento è altissimo: matrimoni precoci, reclutamento nel conflitto e lavoro infantile sono le alternative più probabili per il loro futuro.
L’Unicef, con la generosa collaborazione dei governi locali e quella di tutte le persone che ogni giorno, da ogni parte del mondo, aiutano con le loro donazioni, ha dato la possibilità a molti di questi bambini di fuggire da un destino già segnato. Questo grazie anche al lavoro eroico degli insegnanti e alla determinazione delle famiglie siriane, per le quali andare a scuola è ormai diventata una sfida contro la morte.
Nei paesi vicini, i governi ospitanti devono affrontare circa 2 milioni di bambini in più da assorbire nel sistema scolastico in una situazione economica instabile. Le risorse finanziarie delle famiglie, in calo, le strutture scarse e non disponibili, la mancanza di spazi di apprendimento sufficienti e le barriere linguistiche stanno riducendo la partecipazione dei bambini a un apprendimento effettivo. Per questo motivo urge che sul futuro dei bambini siriani si discuta ai vertici dei poteri internazionali e che vengano varate misure di emergenza, finanziamenti massicci, senza condizioni e a lungo termine.