L’incompatibilità degli incarichi esterni dei docenti universitari

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L’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001 stabilisce, per i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale con prestazione lavorativa superiore al 50% di quella a tempo pieno, il divieto di svolgere qualsiasi altra attività di lavoro subordinato o autonomo, tranne che la legge o altra fonte normativa ne prevedano l’autorizzazione.

La Guardia di Finanza ha avviato qualche giorno fa una indagine, il “Progetto Magistri”, che al momento ha toccato le facoltà di Architettura e Ingegneria, ma che sarà presto estesa anche a Giurisprudenza, Economia e Commercio, Medicina. Sono 17 le regioni coinvolte: Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. In particolare in Lombardia le indagini si sono concentrate sul Politecnico di Milano ma anche nelle facoltà di Bergamo, Brescia e Pavia.

Sotto accusa i professori universitari che svolgono anche l’attività professionale privata. Una incompatibilità decisa dalla riforma Gelmini, secondo la quale per esercitare una seconda professione, il professore universitario deve optare per il “tempo definito”, una sorta di part-time, con conseguente abbassamento dello stipendio. Chi decide di proseguire per il tempo pieno può svolgere solo attività non incompatibili, come svolgere convegni o scrivere libri. Le irregolarità sono 172 per un danno di 42 milioni di euro. Il fenomeno strettamente collegato ai doppi lavori è quello dell’assenteismo dei docenti in aula: la legge prevede che siano in ateneo per almeno 250 ore annuali, ore che servirebbero per i colloqui con gli studenti. Nei casi indagati i docenti erano praticamente sempre assenti perché impegnati nei loro studi privati.

Una vera e propria truffa dunque, che colpisce indistintamente Nord e Sud.

 

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