“Stop alle lezioni frontali, sono superate”

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Qualche giorno fa si è tenuto a Milano un convegno, organizzato dal Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti e patrocinato da Comune, dove si è parlato molto dell’approccio alla lezione in classe. Hanno partecipato al Convegno insegnanti di scuola primaria e secondaria, educatori, dirigenti scolastici e psicologi provenienti da ogni parte del Nord Italia.

Per il pedagogista Daniele Novara, intervenuto nel dibattito, “la lezione frontale, su cui si basa ancora il nostro sistema scolastico, si fonda su una grande illusione: gli alunni “devono ascoltare”. Per lui, ma non solo, questo è un principio di partenza assolutamente sbagliato: la lezione frontale richiede molta capacità di attenzione, che non è sostenibile neanche dagli adulti, figurarsi da bambini e ragazzi. in classe l’apice di attenzione raggiunge i 10 minuti, poi cala progressivamente per altri 20 minuti e riprende a salire dopo circa mezz’ora dall’inizio della lezione. Inoltre, in classe alunni e studenti sono sottoposti a infiniti fattori di interazione e disturbo. Quindi, dopo 50 minuti di spiegazione, è normale che i ragazzi abbiano adottato la tecnica dello sguardo catatonico, si concentrano sull’insegnante senza minimamente ascoltarlo.

Una lezione impostata in questa maniera poi, non implica nessuna competenza pedagogica: si spiega, si richiede agli studenti lo studio individuale, attraverso la ripetizione dei contenuti spiegati, e, infine, si interroga e si valuta l’alunno.

Anche il digitale è dannoso, scrivere a mano è preferibile perché sviluppa capacità visive e motorie che l’uso della tastiera non stimola.

Secondo Novara, il docente, per essere efficace, dovrebbe impostare una situazione di stimolo aperta, che generi problemi e domande. Significa attivare e creare un momento di impatto e di sorpresa, che favorisca l’incontro con qualcosa di inusuale. In seguito proporre e costruire esperienze, progettando un ambiente e delle situazioni di lavoro. L’obiettivo è l’azione: incontri, sperimentazioni, laboratori, e il mezzo è il gruppo dentro al quale il percorso si arricchisce delle risorse, delle potenzialitàe dei limiti di ogni componente. Dopo che l’esperienza è stata fatta occorre un lavoro in cui si cerca di capire, di riconnettersi a ciò che già si conosce, verificare ciò che è stato scoperto. È la fase della rielaborazione attiva del materiale che comporta anche il processo di memorizzazione, riproposizione e infine archiviazione di ciò che si è imparato. Lo scopo è quello di saper poi riutilizzare in contesti e momenti diversi quello che si è appreso durante tale esperienza. Questo approccio all’apprendimento parte dall’idea che, all’opposto della lezione frontale, l’attore del processo di apprendimento sia lo studente e non il docente.

 

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