Il 21% degli studenti italiani sceglie di non avvalersi dell’insegnamento della religione, soprattutto al Nord e soprattutto alle scuole superiori. Dato significativo che sta ad indicare che finché a decidere sono i genitori, le famiglie scelgono di far seguire l’ora al proprio figlio, ma appena giunta l’età per poter decidere in autonomia, sempre più ragazzi decidono di “saltare” la materia.
I dati forniti dall’Ufficio statistica del Miur per le scuole superiori parlano di oltre 560 mila ragazzi (il 21%) che ogni settimana preferiscono fare altre attività durante l’ora di religione: se l’ora è la prima della mattina si entrerà più tardi e allo stesso modo se è l’ultima della giornata di scuola si uscirà anticipatamente. Se l’ora si trova all’interno della mattina ci dedicherà al recupero di qualche lacuna o si seguiranno le attività alternative organizzate dall’istituto. Il motivo non può essere collegato alla presenza di più ragazzi stranieri e di altre confessioni in aula, perché il numero di allievi di altre nazionalità non supera il 7% complessivo.
La disertazione dell’ora di religione da parte di studenti italiani dunque è un fenomeno in costante aumento, che descrive un atteggiamento preciso da parte dei giovani di età compresa fra i 14 e i 18 anni. Nel linguaggio ufficiale i disertori vengono chiamati “non avvalentisi” e al Nord raggiungono la media di uno studente su tre. In alcune regioni, come la Toscana o la Valle d’Aosta in particolare, le classi vengono letteralmente “dimezzate” in queste ore.
Al Sud, il fenomeno si sente molto meno, con solo l’8,5% di studenti che esce dalle aule. Cambiano i numeri anche se ci si sposta da un liceo ad un istituto tecnico: al liceo, a livello nazionale, svolge attività alternative alla religione soltanto uno studente su sei, mentre negli istituti tecnici e professionali la percentuale supera il 24%.