È comprensibile preoccuparsi se all’età di due anni e mezzo vostro figlio ancora fatica a parlare. Nonostante questo, prima di allarmarsi pensando ad un problema patologico, si può cercare di capire se non si tratti semplicemente di un ritardo fonologico o di pura pigrizia.
Normalmente intorno ai 18 mesi assistiamo ad una vera e propria esplosione del vocabolario dei bambini e tra i 24 e i 36 mesi le frasi diventano via via più articolate. Se invece intorno ai due anni il bambino ancora non pronunciasse nemmeno una parola di senso compiuto? Che fare in quel caso? Sicuramente va subito effettuato un test di efficienza intellettiva, per poter escludere fattori cognitivi, percettivi e neurologici. Anche l’esame audiologico è fondamentale, i problemi di udito potrebbero essere alla base di un ritardo fonologico.
Una volta escluse complicazioni più gravi, cosa fare per stimolare il linguaggio del bambino? Il primo consiglio è quello di parlare spesso con lui, ad ogni età. I logopedisti consigliano inoltre di leggergli molti racconti, in maniera interattiva, cercando di coinvolgerlo il più possibile nel dialogo e anche cantargli le ninne nanne, che con le loro rime e ritmo musicale sono uno strumento efficace per l’assimilazione delle parole.
Altro comportamento corretto da tenere è quello di mantenere il contatto visivo con lui mentre gli parliamo, e fare in modo che nell’ambiente intorno a noi non ci sia troppa confusione, o elementi di disturbo come la tv o la radio accese, che potrebbero metterlo in difficoltà e non fargli capire il suono corretto delle parole che stiamo pronunciando.
Infine l’ultimo consiglio è quello di metterlo nelle condizioni di dover utilizzare per forza le parole per comunicare: se ha bisogno di chiedere l’acqua lasciamo che lo chieda parlando e non semplicemente indicandola con gesti o versi.
È molto probabile che il bambino che a due anni fatica ancora a parlare, raggiunti i tre anni sviluppi improvvisamente un lessico ampio e variegato, trasformando le preoccupazioni in brutti ricordi.