Sono dieci i morti del liceo di Santa Fe, in Texas, in seguito alla sparatoria di venerdì scorso da parte di uno studente dell’istituto, due insegnanti e otto studenti.
Una strage comunicata subito dai social e dai media locali e che poi è stata confermata dopo qualche ora da fonti ufficiali.
L’assassino è un ragazzo di 17 anni, Dimitrios Pagoutzis, che è rimasto ferito negli scontri con le forze dell’ordine che lo hanno bloccato, ma che successivamente ha collaborato con le autorità.
È una storia tristemente conosciuta in America, che è abituata ad avvenimenti simili: questa è infatti la 22esima sparatoria scolastica dall’inizio dell’anno.
Una tragedia che si poteva prevedere e bloccare, perché solo qualche giorno prima il ragazzo aveva postato sui suoi social una sua foto con una t-shirt addosso che portava la scritta “Born to Kill”, nato per uccidere. Particolare che poteva essere considerato un semplice scherzo di cattivo gusto se non fosse stato accompagnato da altre pubblicazioni di immagini che lo rappresentavano in abiti militari e simboli nazisti. Sembra confermata l’ipotesi che avesse una doppia vita, quella di tranquillo studente e frequentante della locale chiesa ortodossa, e contemporaneamente quella da fanatico filo-nazista.
Lo studente presunto stragista è entrato nella scuola superiore armato di fucile e ha iniziato a sparare. Allertata, la polizia ha rapidamente circondato e isolato la zona. Dopo uno scambio di colpi con gli agenti, il killer è stato infine arrestato.
Il presidente ha definito l’attacco con armi da fuoco nella scuola superiore del Texas “assolutamente orribile”, esprimendo “tristezza e dolore” per l’accaduto. Trump ha quindi proseguito: “Questo va avanti da troppo tempo. La mia amministrazione è determinata a fare tutto quel che è in suo potere per proteggere i nostri studenti, rendere sicure le nostre scuole, mantenere le armi fuori dalle mani di chi costituisce minaccia per sé e per gli altri”.