Il rifiuto da parte di bambini e ragazzi di andare a scuola è un disagio che sta crescendo negli ultimi anni. Spesso accade dopo un periodo di non frequentazione della scuola, come le vacanze estive o una lunga assenza dovuta ad una malattia, e a volte è preceduta da un evento scatenante. Inoltre è più frequente in alcune fasce di età (5-6, 10-11, 12-15 anni) e colpisce più facilmente i figli unici, i maschi e i primogeniti. Nella maggior parte dei casi, nel momento dell’arrivo a scuola, il bambino è colpito fa forte ansia, che può diventare un vero e proprio attacco di panico talvolta: mal di testa, tremori, palpitazioni, nausea, diarrea, sono solo alcuni dei sintomi che possono manifestarsi. Spesso i fattori scatenanti di questo disturbo sono eventi che hanno “stressato” la psiche del bambino (la separazione dei genitori, un episodio o più episodi di bullismo per esempio), altre volte dipendono esclusivamente dalla predisposizione caratteriale. La prima reazione del bambino o ragazzo è quella di allontanare il motivo della propria ansia, quindi, in questo caso, non presentandosi più a scuola. Il ragazzo sceglie di sviare dal problema e non affrontarlo. Inoltre non percepisce più la scuola come il luogo di emancipazione sociale che gli darà gli strumenti per affrontare il futuro, la cultura necessaria per raggiungere una posizione lavorativa privilegiata, ma piuttosto come un luogo di pericolo. Il ragazzo in questione ha perso dunque la visione della scuola come “fondamentale per la sua crescita”, pensiero che gli renderebbe l’ansia più facile da gestire. E’quindi fondamentale, in questi casi, intraprendere un percorso di psicoterapia che sostenga il bambino e i genitori e che, oltre ad analizzare le fragilità profonde, fornisca una visione di quella sofferenza non come una “malattia”, ma come l’occasione per evolvere la propria personalità verso la capacità di affrontare le difficoltà della vita. Inoltre, per prevenire questo tipo di rifiuto è fondamentale che il bambino venga gradualmente accompagnato ad affrontare da solo le piccole difficoltà e frustrazioni: un brutto voto o saper difendersi di fronte ad una presa in giro da parte dei compagni. Il genitore deve essere presente come ascoltatore e come “consigliere”, ma il bambino deve affrontare poi da solo le difficoltà.