Non sono passati moltissimi anni da quando i bambini, per divertirsi, avevano a disposizione pochi strumenti e giocattoli, e solamente tanta fantasia ad aiutarli a creare sempre giochi nuovi.
Anche se sembrano passati secoli, si parla di qualche generazione fa, che non disponeva di tablet e telefonini e si divertiva con un semplice pallone e, in alcuni casi, nemmeno con quello. Uno dei giochi più comuni era il gioco del sacco pieno e del sacco vuoto. Le regole erano piuttosto semplici, non serviva materiale particolare e il numero dei giocatori era irrilevante, da un minimo di quattro o cinque giocatori fino ad un massimo di quindici. Un bambino veniva scelto come capogruppo e si sistemava davanti agli altri bambini, disposti uno accanto all’altro in fila. A questo punto cominciava ad impartire ordini, principalmente tre: “sacco pieno”, “sacco mezzo” e “sacco vuoto”. A seconda di qual’era il comando i partecipanti dovevano alazare le braccia rimanendo in piedi, piegarsi sulle ginocchia oppure accovacciarsi per terra, imitando un sacco vuoto, appunto. I giocatori che, ad un certo punto, confondevano i movimenti e non rispettavano il comando, venivano via via eliminati. A rendere il tutto più difficile era il capogruppo, che aumentava la velocità con cui venivano dati i comandi. Il vincitore era colui che rimaneva in gioco.
Sembra un gioco piuttosto banale ed effettivamente la dinamica è piuttosto semplice. Nonostante questo, è molto difficile per un bambino mantenere la concentrazione a lungo termine. Altrettanto importante è la capacità che questo gioco sviluppa di coordinare i propri movimenti rispondendo a stimoli esterni. Per questo motivo è un’attività che oggi viene ripresa e utilizzata nelle terapie di psicomotricità da parte dei professionisti dell’età evolutiva.