Ancora oggi, nonostante gli enormi passi avanti in materia di sensibilizzazione sui disturbi dell’apprendimento, si conosce molto poco il mondo della plusdotazione.
Chi è il bambino plusdotato? Non bisogna lasciarsi ingannare da quel “plus” che non sta ad indicare un valore aggiunto ma piuttosto un modo diverso di pensare. Anche se il bambino plusdotato ha un QI superiore ai 130 nei test d’intelligenza validati, non va confuso con un bambino intellettualmente precoce, perché la sua particolarità è molto di più che un semplice “arrivare prima” su certi apprendimenti. È la singolarità del suo modo di pensare e il suo funzionamento affettivo a caratterizzarlo. Ci sono dei segni già nella primissima infanzia che possono funzionare da spia, tuttavia non sono una regola: spesso i bambini plusdotati imparano a stare seduti molto presto, hanno uno sguardo scrutatore e un linguaggio sciolto e elaborato già da molto piccoli.
I problemi per lui arrivano a scuola, quando viene messo davanti ad un metodo di studio che la sua intelligenza non accetta e non riconosce: qui iniziano i problemi di apprendimento, dovuti non ai contenuti, che il bambino può imparare senza difficoltà, ma al modo in cui vengono spiegati. Anche gli insegnanti faticano a comprendere questo bambino che sembra così intelligente eppure fa fatica a capire. Comincia così un periodo di sfasamento per il bambino, che se non viene aiutato subito si sentirà sempre più isolato e incompreso dagli altri, e questo stato d’animo diventerà ancora più soffocante in età adolescenziale, quando il peso di sentirsi inadeguato e non in linea col resto dei compagni potrebbe portarlo a enormi sofferenze e seri disturbi psicologici. Spesso il bambino si annoia in classe e fatica ad apprendere i concetti soprattutto per come gli vengono imposti. L’unico modo per far accettare il sistema scolastico al bambino è il dialogo: siamo consapevoli che questo metodo non ti appartiene ma appartiene alla maggioranza dei bambini e per questo motivo va rispettato, allo stesso modo noi rispetteremo il tuo e non tenteremo di modificarlo o forzarlo, ma troveremo insieme gli strumenti per lavorare bene con la classe. Si tratta di un arricchimento reciproco, un’apertura alla diversità, che farà sentire il bambino capito e parte del gruppo. Ed è proprio la complementarietà che fa delle relazioni umane qualcosa di prezioso e unico.